Netiquette

NetiquetteEducazione è rispondere sempre

Si deve sempre rispondere a un messaggio di posta? Valgono gli stessi principi della corrispondenza ordinaria, e quindi, in generale, sì: rispondere (o far rispondere) a un messaggio è d’obbligo, anche da parte dell’amministratore delegato che ha tantissime cose da fare (ma si può far aiutare). Escludendo, ma è ovvio, i messaggi che non meritano risposte, perché offensivi o provocatori. Oppure quelli che specificano “per vostra conoscenza”. E in genere anche quelli che implicano “solo” un ok o un grazie, soprattutto tra persone che si conoscono bene. Con gli altri, invece, un “grazie” in più può essere opportuno.

I “per conoscenza” all’interno di un gruppo di lavoro

In generale conviene seguire il principio di diffondere quanto più possibile le conoscenze all’interno di un gruppo di lavoro.

Fatte salve le buone norme di riservatezza è quindi opportuno creare una lista con i nominativi di tutti i componenti e inviare a questa lista i messaggi di comune interesse. Questa prassi è particolarmente utile nel vivo di un lavoro comune, durante il quale la risposta alla richiesta di un singolo componente può essere di interesse per tutti.

E’ bene inoltre inviare, per conoscenza, al proprio diretto responsabile i messaggi di qualche rilievo indirizzati all’esterno del gruppo di lavoro. Non lo è invece includere il responsabile del nostro interlocutore: dovrà essere lui a farlo, se lo ritiene opportuno.

Le email « a grappolo »

L’email è talmente veloce, che a volte, di risposta in risposta, di battuta in battuta, arriviamo a mail lunghissime, che raccontano intere vicende. La funzione “rispondi/replay” è comodissima, perché permette di tenere traccia di opinioni e scambi su uno stesso tema. Quando la cosa rimane tra due persone, va benissimo. Nel momento in cui inviamo a un terzo, non obblighiamolo però a ripercorrere la storia a ritroso e riassumiamo il contesto all’inizio.

Inoltrare, non scaricare

La comodissima funzione “inoltra” non serve a scaricare un problema e per di più a certificare l’avvenuto bidone.  “Scusa, te ne occupi tu, vero”? o peggio nessun commento o, addirittura, un semplice “tieni”.

Quando si inoltra un messaggio, è buona regola spiegare perché e, se si sta passando un lavoro, farlo con garbo. A meno che non si voglia semplicemente informare un terzo interlocutore (spesso il proprio capo) di qualche fatto accaduto. In tal caso basta scrivere in testa al messaggio “per conoscenza”.

Le liste di distribuzione

Le liste di distribuzione sono comodissime, ma è bene siano mirate al progetto o al gruppo di lavoro ed elaborate con cura. A nessuno piace stare in un grande calderone, né ricevere messaggi che interessano solo marginalmente.

La stessa attenzione vale nelle risposte: valutare se è opportuno rispondere a tutti i destinatari oppure, come spesso è il caso, solo al mittente.

Gli allegati

Gli allegati sono una componente fondamentale delle email. Anzi, molto spesso un’email viene inviata solo per trasmettere i suoi allegati.

Bisogna effettuare dei controlli prima di allegare un documento o una presentazione? Be’, sì. Anzitutto la dimensione, il sistema di ricezione del nostro destinatario potrebbe respingere il messaggio se occupa troppi megabytes. Allora meglio zippare tutto prima dell’invio, specialmente se gli allegati sono parecchi. Se si ha un po’ di tempo, è bene anche assegnare nomi chiari ed espliciti agli allegati, che invitino alla lettura.

Circa il formato, per i documenti “finiti” è sempre meglio un pdf: non è alterabile e non si copia facilmente, se è nostro desiderio evitare un immediato riuso. Se possibile vanno evitati anche allegati in formati poco diffusi. Se non siamo certi della disponibilità del prodotto per la lettura da parte di chi riceve, è meglio, di nuovo, trasformare tutto in pdf.

Quando il messaggio diventa troppo lungo (più di venti righe) o se vogliamo mantenere una maggior riservatezza, allora l’intero messaggio può diventare un allegato, accompagnato da poche righe di introduzione e di saluti.

A parte queste poche norme si può allegare di tutto. Magari cercando sempre di guidare il destinatario nella lettura, se gli allegati sono più d’uno.

Neanche in azienda è consentito lo spam

Ci sono aziende che hanno delle rigorose policy in fatto di email. Anche senza, però, è bene ricordare che si tratta di uno strumento aziendale per il quale valgono le stesse regole di educazione e buon senso che si usano per il telefono, le fotocopie, le stampanti.

Così, se ricevete la solita catena di S. Antonio in versione elettronica che vi invita a inoltrare ad altre venti persone, fermatela. Nulla vi succederà. Ciò vale anche per appelli non verificabili e richieste improbabili di aiuto: è noto che sono quasi tutte bufale. Le richieste vere e serie viaggiano in altro modo.

La posta privata non esiste

E’ vero che tutti mandiamo anche messaggi personali dall’email dell’ufficio. Sia messaggi ad amici “fuori”, sia messaggi amicali a colleghi “dentro”. E ci mancherebbe: ci stiamo più di otto ore e il bisogno di comunicare non riguarda solo fredde informazioni di lavoro.

Ricordiamo però che la privacy assoluta non c’è: ci sarà sempre una collega che avrà bisogno di consultare il nostro pc quando non ci siamo, che possiamo inavvertitamente mettere in condivisione le nostre cartelle, che i nostri messaggi sono archiviati in un server aziendale.

Il media mix della comunicazione tra colleghi

Quando mandare un’email, quando telefonare, quando vedersi? Gli strumenti di comunicazione si sono moltiplicati. Per molti anni il telefono ha rappresentato la sola reale evoluzione del rapporto epistolare, a sua volta, per secoli, unica vera forma di colloquio personale, intimo, ma non diretto.

Oggi la lettera manoscritta sembra essere al tramonto, come i telegrammi, ristretti sempre più ai grandi eventi della vita: nascite, morti, matrimoni. E pure il telefono fisso, almeno in Italia, è stato superato dai cellulari.

A questo improvviso e rapidissimo mutamento dello scenario degli strumenti non corrisponde ancora un vero e proprio galateo. Non solo su come usarli (per i cellulari: parlare a bassa voce, tenerli in modalità silenziosa o spenti in certe situazioni, saper scegliere tra un sms e una chiamata), ma anche quando usare l’uno piuttosto che l’altro.

E’ necessaria un’email quando si vuole che resti traccia della comunicazione (una risposta verso un cliente, l’offerta di un fornitore, una richiesta verso un’altra struttura aziendale) ed è preferibile come “memo” per un impegno (una riunione posticipata, un pranzo di lavoro, un documento da inviare).

Ma se si vuole sottolineare l’attenzione dedicata al destinatario del messaggio una telefonata aiuta, prima o subito dopo aver inviato l’email.

La scelta del canale di risposta è infatti già un messaggio: di attenzione, se scegliamo il colloquio diretto e “caldo” di una telefonata, magari per fissare un incontro. Di scarso interesse se rispondiamo con una mail breve e un po’ burocratica. Ma è bene rispondere sempre. E direttamente se il messaggio era diretto a noi.

Scegliere di rispondere a un’email con una telefonata è, come già detto, un forte segno di attenzione: la voce è più calda della parola scritta. Ma telefonando non sappiamo mai se l’interlocutore è davvero disponibile per noi, se ci può dedicare l’attenzione di cui abbiamo bisogno. Magari sarà lui stesso a chiederci di inviargli una mail, anche per promemoria.

Una mail dopo una telefonata può invece servire per ritornare sulle cose non dette e, paradossalmente, può contribuire a creare un’intimità che al telefono poteva non essere opportuna o che comunque non si è espressa.

Il clima è fondamentale perché un lavoro riesca bene e il mix di canali che scegliamo volta per volta rappresenta un formidabile strumento per creare e mantenere l’atmosfera che desideriamo. Alternando email e telefono, email collettive e messaggi individuali, dosando con sapienza i “per conoscenza”, informando e motivando a far circolare le informazioni.

Ci sono però argomenti per i quali non solo un galateo non scritto, ma anche la normale prudenza, sconsigliano di usare il telefono o, peggio ancora, la posta elettronica:

  • quando si parla di cifre in una trattativa commerciale
  • quando si richiede un parere su una questione delicata al proprio consulente legale
  • quando si esprime una valutazione su qualche collaboratore, specialmente se non definitiva
  • in tutti i casi in cui non si desidera restare “inchiodati” alle proprie

Insomma, l’email è utilissima, ma guai a farne lo strumento privilegiato per qualsiasi forma di comunicazione.

Il telefono è ancora lo strumento migliore quando non ci si può vedere, per motivi di distanza o semplicemente di opportunità, ma nello stesso tempo si ricerca un contatto diretto, “fisico”, anche se limitato al senso dell’udito.

Così come per scegliere un fornitore è preferibile incontrarsi almeno la prima volta, per mantenere certi rapporti è utile parlarsi.

Riassumento:

è bene usare l’email per è meglio non usare l’email per
mandare un messaggio semplice e veloce, la cui risposta può aspettare un tempo ragionevole chiedere risposte immediate
comunicare direttamente con chi prende le decisioni, saltando livelli intermedi criticare lavori e collaboratori
comunicare con colleghi che lavorano in altro fuso orario criticare qualcuno o il suo lavoro: il medium amplifica l’effetto negativo portare avanti lunghi dibattiti su temi tecnici e complessi: si perde molto tempo a scrivere e raramente si arriva a un accordo: l’email polarizza le posizioni, l’incontro e il confronto diretto le smussano; da evitare soprattutto se ci sono molte persone in copia
comunicare più interlocutori trasmettere contenuti realmente riservati
tenere traccia scritta delle comunicazioni condurre trattative
lavorare con scadenze, ottimizzare i tempi condurre lunghe interviste, con risposte dettagliate
comunicare con un nutrito gruppo di lavoro trasmettere cattive notizie, che possono avere un forte impatto emotivo